Racconta di guitti e vicoli chiassosi, pagliacci e marajà, notti insonni e corvi torvi. Ironico, sentimentale, straripante nel suo istrionismo, Capossela è il più dotato tra i cantautori italiani della sua generazione. I modelli più evidenti sono i blues aspri e deliranti e le “chanson” jazzy , ma nel suo repertorio convivono anche il teatro di Brecht e il surrealismo, melodie mediterranee e sonorità fragorose di chiara matrice balcanica, pantomime circensi e atmosfere crepuscolari che spaziano nelle tradizioni rebetiche. Artista errante, Capossela ha fatto del randagismo quasi una filosofia di vita; rabdomante senza requie, ha percorso tutte le tappe di una gavetta dura, da “emigrante”. Canzoni della Cupa, il suo ultimo disco, è espressione di un mondo folclorico, rurale e mitico in un ideale raccordo tra due universi, quello che racconta la grande frontiera, e quello rappresentato da voci e strumenti espressione della migliore musica popolare italiana.